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Non si può lasciare il Paese alla mercé di populisti, sciamani e integralisti che hanno ridotto il dibattito pubblico ad un assordante e inqualificabile schiamazzo, impedendo l’esercizio civico del dovere e del rischio del dialogo fino in fondo e del criterio di laicità e di razionalità/ragionevolezza nelle scelte da compiere. Se continuerà a imperversare tale clima, si consoliderà l’idea di un'Italia immobile, immodificabile e irriformabile. E allora sarà davvero la fine
Voterò SÌ al referendum costituzionale perché questa riforma è attesa da alcuni decenni e non possiamo permetterci il lusso di rinviarla ancora. Il cambiamento è vitale per una società che vuole fiorire e migliorare le proprie condizioni. Se ad un organismo si impedisce la fioritura rendendolo resistente al cambiamento, esso inevitabilmente arretra, declina e muore. Se l’Italia incontra ancora molte difficoltà ad uscire dalla crisi economica è anche per la endemica debolezza delle sue istituzioni. Una debolezza che fa prosperare piccole e grandi caste, alimenta privilegi e rendite di posizione, impedisce di cogliere nuove opportunità e lascia spazio all’inerzia e all’immobilismo, in cui le diseguaglianze vecchie e nuove sono destinate ad allargarsi a dismisura.
Voterò SÌ per non lasciare il Paese alla mercé di populisti, sciamani e integralisti che hanno ridotto il dibattito pubblico ad un assordante e inqualificabile schiamazzo, impedendo l’esercizio civico del dovere e del rischio del dialogo fino in fondo e del criterio di laicità e di razionalità/ragionevolezza nelle scelte da compiere. Se continuerà ad imperversare tale clima, si consoliderà l’idea di un’Italia immobile, immodificabile e irriformabile. E allora sarà davvero la fine.
Voterò SÌ perché è giusto chiudere la fase dell’instabilità dei governi e aprire quella di una democrazia decidente, che si può realizzare solo rendendo più efficaci le funzioni dell’esecutivo e quelle legislative e di controllo del Parlamento. È bene semplificare il percorso per fare le leggi, superando il bicameralismo paritario che è causa di lentezze ingiustificabili. E poi non se ne può più dell’eterno conflitto tra Stato e Regioni che ritarda ogni decisione importante per i cittadini. È giusto, dunque, eliminare le competenze concorrenti tra Stato e Regioni e dare dignità costituzionale alle autonomie con il nuovo Senato.
Voterò SÌ perché la riforma è pienamente inscritta nei valori fondanti della Carta costituzionale e non presenta affatto alcuna minaccia di autoritarismo. I poteri del Presidente della Repubblica e della magistratura sono, infatti, rimasti completamente intatti. Può anche darsi che la legge elettorale non sia perfetta, ma è bene individuare le imperfezioni nel concreto della sua operatività per migliorarla successivamente. In ogni caso la riforma costituzionale non riguarda la legge elettorale.
Voterò SÌ perché, nel rafforzare le prerogative del Parlamento e del governo, non ci saranno più scuse per continuare a ritardare due cose importanti: la partecipazione attiva e più efficace del Paese nella costruzione di un’Europa politica e, nello stesso tempo, l’attuazione dei diritti di cittadinanza, a partire dal diritto dei cittadini all’autogoverno. La riforma rafforza, infatti, gli istituti di democrazia diretta e di partecipazione popolare. E conferma pienamente la scelta europea e la sussidiarietà nei rapporti tra cittadino e istituzioni e tra i diversi livelli istituzionali, principio quest’ultimo introdotto nella riforma costituzionale del 2001 e non ancora attuato.
Voterò SÌ perché intendo finalmente levarmi la veste di suddito e indossare quella di cittadino e così edificare da protagonista, dal basso e con vero spirito federalista, insieme agli altri cittadini, un’articolazione variegata degli istituti della democrazia, dalla comunità autogovernata di strada e di quartiere in cui vivo e dal diversificato tessuto della società civile in cui opero al municipio metropolitano che deve poter acquisire la dignità di Comune, dal Comune piccolo o grande che deve volontariamente associarsi con altri per gestire funzioni complesse, alla Regione che deve dismettere improprie funzioni di gestione ed esercitare solo quelle di programmazione, dallo Stato che deve acquisire efficienza, semplicità e capacità di orientamento agli Stati Uniti d’Europa la cui utopia rimane, per ciascuno di noi europei, la prospettiva concreta e realistica affinché si realizzi finalmente lo “status” di cittadino del mondo.
2 Responses to Un SÌ da cittadino per il cambiamento