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Sono tornato nel Pd per contribuire a liberare Roma dalle mafie

La lotta alla mafia si fa accrescendo gli spazi della democrazia e non restringendoli come faceva il fascismo ai tempi del prefetto Mori. E i problemi di una capitale come Roma si possono affrontare con un assetto istituzionale speciale, che parta dal rafforzamento dei poteri municipali, e non, viceversa, con l'accentramento amministrativo come faceva il fascismo con la forma del governatorato. Ho ripreso la tessera del Pd per dare un contributo a quest’opera di rinnovamento con la coscienza che si tratta di partecipare ad una battaglia politica molto aspra e faticosa.

Stamattina mi sono recato al banchetto del Pd in via di Tor Pignattara, il quartiere di Roma dove vivo, per iscrivermi di nuovo al partito. Non avevo più rinnovato la tessera da quattro anni perché il Pd era caduto in catalessi e non c’erano più luoghi dove partecipare a iniziative politiche. Ora pare che a Roma qualcosa si stia muovendo. Si torna a dare la parola agli iscritti e ai simpatizzanti del Pd. E questa decisione è importante per fronteggiare i problemi emersi dallo scandalo di Mafia Capitale.

L’attenzione dell’opinione pubblica si è finora concentrata prevalentemente sugli atti giudiziari che hanno accompagnato gli arresti e gli avvisi di garanzia e sui contenuti delle intercettazioni telefoniche che gli inquirenti hanno lasciato filtrare, con l’intento lodevole di fare in modo che ognuno potesse farsi un’idea più precisa dei reati che sono stati ipotizzati.

Il dibattito pubblico si è, invece, scarsamente occupato di un altro aspetto, forse ancora più importante, dell’intera vicenda: la qualità dei rapporti che nel tempo si sono consolidati tra i cittadini, le imprese, le associazioni e la società civile, da una parte, e gli eletti e i funzionari della pubblica amministrazione, dall’altra. Tali rapporti si sono molto deteriorati e non hanno più nulla a che vedere con le forme di organizzazione del consenso utilizzabili in democrazia. Essi sono, infatti, alla base di un sistema di potere trasversale che si autoalimenta cinicamente e brutalmente intorno ad una spesa pubblica gestita con ampi margini di discrezionalità.

I comportamenti adottati in siffatte relazioni tra la società, la politica e i pubblici poteri non necessariamente si configurano in reati penali o amministrativi – di cui la magistratura si sta finalmente occupando in modo serio – ma costituiscono l’acqua di coltura in cui le pratiche illecite prendono forma e si dilatano. Questi rapporti malati sono alla base di vere e proprie discriminazioni nei confronti dei soggetti politicamente e socialmente più deboli, hanno scalfito fino ad annullare le capacità di rappresentanza dei corpi intermedi, alimentano inefficienze nella pubblica amministrazione e nell’erogazione di indispensabili servizi pubblici ai cittadini e alle comunità locali.

Una discussione seria, non moralistica ma politica, su questi aspetti ancora non si è aperta perché molti preferiscono la rissa populista antipartitocratica e i processi in piazza nei confronti degli indagati, per lasciare così il resto nella vaghezza in modo tale che i comportamenti non delittuosi ma sbagliati non siano messi in discussione.

Non si tratta, dunque, di eliminare qualche mela marcia e tornare a fare quello che si faceva prima. Lo scandalo della presenza della mafia a Roma dovrebbe, invece, essere l’occasione per rivedere completamente i rapporti tra società, politica e amministrazione per fare in modo che le persone riprendano in mano, per quanto è possibile, le loro prerogative di cittadini e di spogliarsi dei panni di sudditi.

La lotta alla mafia si fa accrescendo gli spazi della democrazia e non restringendoli come faceva il fascismo ai tempi del prefetto Mori. E i problemi di una capitale come Roma si possono affrontare con un assetto istituzionale speciale, che parta dal rafforzamento dei poteri municipali, e non, viceversa, con l’accentramento amministrativo come faceva il fascismo con la forma del governatorato.

Ho ripreso la tessera del Pd per dare un contributo a quest’opera di rinnovamento con la coscienza che si tratta di partecipare ad una battaglia politica molto aspra e faticosa. È vero, a tale opera si può concorrere anche da altre postazioni. Ma scelgo di farlo all’interno di un partito perché sono convinto che nelle democrazie contemporanee la partecipazione alla vita politica si può esercitare solo attraverso i partiti. Non a caso la Costituzione individua tali organismi in modo distinto dai sindacati, dalle associazioni e, in generale, dai corpi intermedi. I partiti hanno il compito di organizzare la selezione dei candidati alle cariche pubbliche elettive e l’elaborazione delle proposte programmatiche che si confrontano nelle scadenze elettorali.

La partecipazione a questi due momenti importanti della vita politica è garantita solo dai partiti. Ha fatto bene il Pd a presentare una proposta di legge per regolamentare i partiti in quanto strumenti in mano ai cittadini per esercitare il diritto di partecipare alla vita politica e non lasciare agli individui solo quello di votare alle elezioni.

Scelgo, inoltre, di farlo nel Pd perché è la forza politica che in questo momento, con il governo Renzi, sta giocando la partita decisiva del cambiamento. E una riforma della politica è parte costitutiva di tale cambiamento.

Naturalmente cercherò di dare il mio apporto negli ambiti dove mi sento più portato per cultura ed esperienza, a partire dal costruire ponti e collaborazioni tra i circoli e le sezioni territoriali, da una parte, e tutto quello che in questi anni spontaneamente si è messo in movimento nella società civile e nei territori.

A Roma è decisivo, a mio avviso, ripartire dai quartieri e dai bisogni dei cittadini per costruire un nuovo progetto per Roma. Un progetto che abbia al centro un’idea di sviluppo economico e sociale strettamente legato ad un assetto istituzionale confrontabile con quello delle maggiori capitali europee. Tale idea di sviluppo e tale impianto istituzionale devono, tuttavia, trovare linfa vitale nei territori di Roma e della sua area metropolitana che non coincide con la vecchia Provincia. Si tratta di avviare dai Municipi di Roma, nonché dai Comuni e dalle Comunità contermini, un processo federativo che porti al nuovo ente costituzionale “Roma Capitale Metropolitana” con poteri almeno pari a quelli regionali.

Il Pd potrà ricostituire la sua credibilità e contribuire a liberare Roma dalle mafie se saprà trasformare questa scelta strategica in senso comune, permettendo così ai romani e alle comunità territoriali di cogliere le opportunità dell’Europa e del mondo globalizzato.

.PD

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