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La contraccezione da Pio XI a Francesco

50 anni fa la chiesa cattolica era arrivata a maturare una posizione più aperta e rispondente alle attese e alle speranze della stragrande maggioranza dei credenti. Ma Paolo VI preferì confermare la posizione tradizionale di condanna, ribadita ancora oggi da Francesco

 

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Sulle politiche di controllo delle nascite l’enciclica Laudato sì’ di papa Francesco conferma una posizione di condanna che risale all’enciclica Casti Connubi emanata da Pio XI nel 1930 quando la popolazione mondiale era di 2 miliardi di persone. Le parole usate sono le seguenti: “La crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale”, in maniera che “incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni è un modo per non affrontare i problemi”.

Su questo punto svolge una vivace polemica, con argomenti del tutto condivisibili, Antonio Saltini su Agrarian Sciences con l’articolo Laudato si’: un’enciclica (profetica al tempo di Pio IX), 16 dicembre 2015.

Eppure 50 anni fa la chiesa cattolica era arrivata a maturare una posizione più aperta nei confronti della contraccezione.

Nel 1963, pochi mesi dopo la conclusione della prima sessione del Concilio Vaticano II e su suggerimento del cardinale Léon-Joseph Suenens, Giovanni XXIII costituì la Commissione pontificia di studio su “popolazione e famiglia”, la cui prima riunione si svolse a Lovanio, nell’ottobre del 1963, quattro mesi dopo la morte del papa.

La Commissione tenne cinque sessioni di lavoro e la sua composizione fu gradualmente allargata dagli iniziali sei membri agli oltre settanta finali, compresi sedici componenti tra cardinali e vescovi. Furono coinvolti numerosi esperti: biologi, medici, sociologi, psicologi, demografi, oltre naturalmente a teologi e attivisti, tra cui i coniugi Crowley, fondatori e leader di un gruppo cattolico assai influente – Christian Family Movement – sostenitori di un cambiamento di rotta della pastorale sulla contraccezione.

Nelle ultime riunioni del 1966 emerse una netta maggioranza in favore del cambiamento di posizione, condensato in un documento dal titolo De responsabili paternitate. Ad esso ne fu contrapposto uno della minoranza dal titolo La dottrina della Chiesa e la sua autorità. Ma nonostante il largo consenso accordato al primo testo anche dalla maggioranza dei prelati che avevano partecipato ai lavori della Commissione, Paolo VI non ne volle tener conto e il 25 luglio 1968 pubblicò l’enciclica Humanae Vitae, con la quale ribadì l’atteggiamento negativo nei confronti della contraccezione, nonostante le attese e le speranze che si erano manifestate nella chiesa in ordine ad una pastorale più aperta su tali argomenti.

L’intera vicenda della Commissione pontificia è raccontata da Robert McClory (Turning Point, The Crossroad Publishing Company, New York, 1997) sulla base delle testimonianze di alcuni protagonisti che hanno messo a disposizione i materiali di lavoro.

Significativo è un passaggio del documento di maggioranza: “I fatti che illuminano il mondo di oggi suggeriscono che non si contraddice il senso genuino della tradizione e le ragioni delle precedenti condanne dottrinali quando parliamo della regolazione dei concepimenti usando metodi, umani e rispettosi della dignità, che mirano a favorire la fecondità nell’insieme della vita coniugale e alla realizzazione dei valori autentici di una comunità matrimoniale fruttuosa. Le ragioni in favore di questa affermazione sono di varia indole: mutamenti sociali nel matrimonio e nella famiglia; nuove conoscenze in biologia, psicologia, sessualità e demografia; un mutato apprezzamento del valore e del significato della sessualità umana e delle relazioni coniugali e, più di tutto, un migliore apprezzamento del dovere di rendere umano e portare a maggior perfezione per la vita degli uomini ciò che è dato in natura. Poi occorre considerare il sentimento dei fedeli secondo il quale la condanna della coppia a una lunga e spesso eroica astinenza come metodo per regolare i concepimenti non può essere fondato sulla verità”.

Nel documento la dottrina del matrimonio rimane la stessa, ma con maggiore e più profonda comprensione. Si confermano i principi della paternità responsabile secondo i quali le coppie debbono esprimere “un giudizio in coscienza di fronte a Dio circa il numero di figli da avere ed educare…”. La regolazione dei concepimenti “appare necessaria per molte coppie che vogliono essere genitori responsabili, aperti e ragionevoli nelle circostanze di oggi. Se debbono osservare e coltivare tutte le essenziali virtù del matrimonio i coniugi necessitano dignitosi e umani mezzi di regolazione dei concepimenti”, con la collaborazione di tutti ma “specialmente delle persone di scienza”.

Riaffermando la condanna dell’aborto e della sterilizzazione; tenendo conto che l’azione dev’essere sempre inserita in un contesto di vero amore coniugale; che i mezzi debbono essere proporzionati alla necessità di evitare un concepimento temporaneamente o permanentemente; che nella scelta del mezzo occorre tenere in considerazione molti aspetti biologici, psicologici e soprattutto la dignità degli sposi, ne segue che “…non arbitrariamente, ma come la legge di natura e di Dio comanda, lasciamo che le coppie giudichino in modo oggettivamente fondato, considerando i vari criteri… bene istruiti e prudentemente educati come cristiani, essi prudentemente e serenamente giudicheranno che cosa è veramente giusto per la coppia e per i figli…”.

A distanza di 50 anni dall’elaborazione di questo testo, dettato da sano buon senso, Francesco ha ritenuto in tale materia confermare la dottrina di Pio XI.

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