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Intelligenza Artificiale e Democrazia

Usare diffusamente le innovazioni tecnologiche stimola le democrazie liberali a rinnovarsi

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Come abbiamo imparato ad usare la posta elettronica e poi WhatsApp e i social, stiamo imparando anche ChatGPT, creata dall’azienda OpenAI. Uno strumento che ci permette di moltiplicare la nostra capacità di acquisire informazioni, rielaborarle e, quindi, accrescere la nostra comunicazione. È una chatbot che risponde automaticamente alle richieste scritte e crea messaggi scritti da utilizzare in lettere e commenti.

Se con i social siamo diventati tutti potenziali giornalisti, scrittori, comunicatori, con ChatGPT diventeremo tutti potenziali professionisti delle pubbliche relazioni. Sì, l’Intelligenza Artificiale (IA) può sostituire le attuali società di lobbying. E quello che ogni singola azienda svolge nel proprio paese, si potrà fare, con costi minimi, in una dimensione transnazionale. Con ChatGPT accresceremo la nostra capacità di influire nel dibattito pubblico e di partecipare alle decisioni pubbliche. Se nascessero nuovi partiti politici che vogliano e sappiano utilizzare l’IA, la partecipazione politica potrebbe davvero fare un salto di qualità senza precedenti nella storia delle istituzioni democratiche.

Naturalmente, come ogni innovazione tecnologica, anche l’IA può essere usata per scopi buoni o per scopi cattivi. Ma questa cosa non deve eccessivamente spaventarci. Al momento, i sistemi disponibili non hanno alcuna significativa capacità di agire in autonomia. Più saranno le persone che utilizzeranno l’IA per obiettivi positivi, meno saranno gli usi negativi. E soprattutto sarà maggiormente possibile neutralizzare coloro che si avvantaggiano dell’IA per fini antisociali e illegali.

Secondo dati recenti di Meta, la presenza di incitamento all’odio su Facebook si attesta tra lo 0,01 e lo 0,02 per cento. Questo significa che su 10mila contenuti, solo uno o due sono classificabili come hate speech. Proprio grazie ai progressi dell’IA, questi contenuti negativi si sono ridotti del 50 o il 60 per cento.

La preoccupazione maggiore in questo momento è che l’IA possa essere utilizzata per manipolare gli esiti delle elezioni politiche e, dunque, inquinare la democrazia. È una preoccupazione che ha fondamento perché manca una legislazione che introduca standard uniformi sulla trasparenza e ponga dei limiti severi. Inoltre, l’industria tecnologica non è ancora riuscita ad assumersi degli impegni su base volontaria e dotarsi di un codice condiviso di autoregolamentazione.

Le due cose, tuttavia, possono procedere insieme e influenzarsi reciprocamente. Noi cittadini facciamo bene ad usare l’IA per potenziare la nostra capacità di relazionarci con il mondo e, nel contempo, stimolare le democrazie liberali a rinnovarsi e rafforzarsi. Il legislatore deve affrettarsi a imporre all’industria tecnologica le regole necessarie per difendere la società da un uso inappropriato delle nuove tecnologie.

 

 

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