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Il Sì ci apre all’altro e ci proietta verso il futuro

Se vincerà il Sì, più facilmente potrà essere a portata di mano un governo riformista. Se invece vincerà il No, il percorso riformatore, che si è avviato faticosamente in questi ultimi anni, perderà slancio, fino a bloccarsi. Cambiare è meglio dello status quo

kennedy

L’Italia ha tutti i numeri per farcela. Ma per uscire dal pantano in cui si trova ci vuole una forte spinta riformista. Senza almeno un paio di legislature di riforme serie non si andrà da nessuna parte. Ma le riforme le fanno solo maggioranze stabili e governi forti perché devono sradicare privilegi consolidati e rendite di posizione. Devono, infatti, far valere l’interesse generale contro i particolarismi.

Se vincerà il Sì, più facilmente potrà essere a portata di mano un governo riformista. Vediamo perché. Nel 2018 andremo a votare per la sola Camera dei deputati. Con una legge elettorale maggioritaria, decideremo se dovrà essere il Pd con Renzi a governare o se l’Italia dovrà essere diretta da un governo a guida Cinquestelle. In ogni caso saremo noi elettori a decidere un’opzione o l’altra. Ma sia se vinceranno i democratici, sia se si affermerà il partito di Grillo, una cosa è certa. Per cinque anni, la maggioranza che sarà eletta  potrà realizzare il suo programma con la fiducia della Camera dei deputati. Mentre nel nuovo Senato le Regioni e i Comuni esprimeranno il loro parere, autorevole ma non vincolante, salvo che – come è opportuno – sulle grandi regole del gioco.

Se invece vincerà il No, la vedo davvero male per il nostro Paese. Il percorso riformatore, che si è avviato faticosamente in questi ultimi anni, perderà slancio, fino a bloccarsi. Alle prossime elezioni politiche andremo a votare di nuovo sia per la Camera che per il Senato. E sicuramente ci ritroveremo con due maggioranze diverse nei due rami del Parlamento, o addirittura con nessuna maggioranza in entrambi. Con la vittoria del No, forte sarà la spinta a tornare al sistema proporzionale. E ci troveremo ancora una volta con governi precari, fatti da coalizioni litigiose, non scelte dagli elettori. Inoltre, Stato e Regioni continueranno a litigare in modo inconcludente. Insomma, uno spettacolo desolante che dura ormai da decenni, si protrarrà insensatamente all’infinito.

Cambiare è meglio dello status quo. Scuote la nostra pigrizia. Rafforza la fiducia in noi stessi. Ci fa mettere da parte l’invidia e il pregiudizio. Ci apre all’altro che la pensa diversamente da noi. Ci proietta verso il futuro.

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