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Intervento svolto il 20 settembre 2016 nella sala del Consiglio Comunale di Lagonegro, in occasione dell'incontro conclusivo previsto dal Progetto InfoAuser
Desidero innanzitutto ringraziarvi per avermi coinvolto nella parte conclusiva del progetto InfoAuser, finanziato da Fondazione con il Sud e volto a sperimentare l’attivazione di cinque sportelli di segretariato sociale presso le sedi Auser di Lagonegro, Castelluccio Inferiore, Lauria, Rivello e Tramutola.
Dopo le attività formative e le iniziative di animazione previste dal progetto, cosa fare per garantire una continuità agli sportelli di accoglienza, informazione e accompagnamento messi in piedi con l’impegno di decine di volontari anziani e di operatori sociali?
L’idea su cui si potrebbe ragionare è quella di differenziare l’approccio della rete InfoAuser dall’impostazione di analoghi sportelli informativi già costituiti da strutture pubbliche o private.
La rete InfoAuser potrebbe evolvere in una rete di centri di aggregazione e confluenza dei bisogni che non trovano risposte da parte dei servizi erogati dal pubblico o dal mercato. Si tratta di immaginare punti di rilevamento e di conoscenza dei nuovi bisogni sociali, specie quelli indotti dalle condizioni di povertà in cui la crisi economica ha sospinto una parte considerevole della popolazione. E di trasformare tali bisogni da domanda latente in domanda esplicita di servizi innovativi o di processi di riorganizzazione di attività già presenti nel territorio.
Si dovrebbe agire contestualmente a due livelli. Il primo riguarda la costruzione, mediante gli sportelli informativi, di una domanda esplicita di servizi di prossimità. Il secondo concerne l’avvio di iniziative per creare un’offerta di beni e servizi mediante la crescita di un terziario innovativo civile. Sia la formazione della domanda che quella dell’offerta hanno bisogno di azioni convergenti di ricerca, formazione e animazione nei territori per creare innovazione sociale e sviluppo locale.
Le iniziative che saranno attivate con il piano nazionale anti povertà, per essere efficaci, dovrebbero essere orientate alla creazione di smart community, utilizzando in modo pieno e congiunto intelligenza connettiva, capacità creativa, risorsa partecipativa e legami comunitari.
I nuovi servizi di prossimità che si potrebbero attivare riguardano un’ampia gamma di ambiti, da coinvolgere con una visione intersettoriale e multidisciplinare. Qui si fa solo un elenco a titolo esemplificativo:
Molte di queste nuove attività potranno avere uno sviluppo se si metteranno in moto due meccanismi. Il primo è la nascita di imprese agricole di servizi volti alla salvaguardia del territorio e del paesaggio, alla tutela della biodiversità agraria e alimentare e alla creazione di modelli di welfare rurale e periurbano. L’altro riguarda la restituzione dei terreni di proprietà pubblica alle forme comunitarie di gestione delle proprietà collettive.
Su questi due argomenti sarebbe necessario un approfondimento specifico a carattere seminariale per arrivare a forme di collaborazione tra l’Auser e il mondo agricolo e dar vita a modelli di gestione delle risorse ambientali e agricole volti a migliorare le condizioni del ben-vivere.
Si potrà sviluppare un terziario civile innovativo se, infine, si volgerà lo sguardo verso il mondo e si comprenderà che solo una grande apertura mentale favorirà l’innovazione. E allora come non guardare con attenzione ai flussi migratori nel programmare le iniziative per invertire la tendenza allo svuotamento dei comuni interni? E come non mostrare interesse ai processi di internazionalizzazione che, attraverso le tecnologie digitali, possono riguardare non solo le reti di imprese ma anche le comunità-territori di paesi tra di loro molto lontani?
Occorre sempre tenere a mente una cosa per evitare fraintendimenti concettuali: nelle culture che si sono succedute e contaminate nell’area del Mediterraneo, l’idea di vicinato e di prossimità non ha mai avuto a che fare con la geografia o con le appartenenze di qualsiasi tipo, ma sempre coi doveri di reciprocità nei confronti degli altri. Nelle culture che si sono formate intorno al “Mare Nostrum”, prossimo è colui che si prende cura e si fa carico dell’altro, indipendentemente dalle distanze fisiche e dai legami etnici, politici, religiosi e culturali. Prossimo non ha nulla a che vedere con il chilometro zero o il chilometro mille, con il brand di un’associazione o con quello di un’altra, con la bandiera di una nazione o con l’emblema di un’altra, ma ha a che fare con il grado di intimità o superficialità delle relazioni che le persone, le imprese e le comunità costruiscono tra di loro per convivere e collaborare.
Sarebbe interessante sperimentare in Basilicata forme di collaborazione con comunità di oriundi lucani sparsi nel mondo per tentare, insieme a loro, di ampliare le possibilità di mercato dei beni e servizi, in modo tale da creare nuove opportunità di lavoro per i nostri giovani, che concludono il loro periodo di istruzione, e i giovani che arrivano da altre parti del mondo e s’insediano nella regione.