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Si rafforza la prospettiva che i popolari si allineino a liberali e socialisti nel tentativo di isolare l’estrema destra anti Ue. Il governo gialloverde va incalzato a pronunciarsi sui valori europei in vista della decisione definitiva del Consiglio europeo
Il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione con cui invita il Consiglio a constatare a norma dell’art. 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Ue l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione.
Le preoccupazioni del Parlamento si riferiscono alle seguenti questioni: 1) il funzionamento del sistema costituzionale e del sistema elettorale; 2) l’indipendenza della magistratura e di altre istituzioni e i diritti dei giudici; 3) la corruzione e i conflitti di interesse; 4) la tutela della vita privata e la protezione dei dati; 5) la libertà di espressione; 6) la libertà accademica; 7) la libertà di religione; 8) la libertà di associazione; 9) il diritto alla parità di trattamento; 10) i diritti delle persone appartenenti a minoranze, compresi i rom e gli ebrei, e la protezione dalle dichiarazioni di odio contro tali minoranze; 11) i diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati; 12) i diritti economici e sociali.
Come si può facilmente notare le motivazioni non riguardano solo la politica migratoria come Viktor Orbán e Matteo Salvini hanno voluto far credere in questi giorni. C’è anche dell’altro. La costituzione ungherese, entrata in vigore nel 2012, è stata emendata sei volte in parti fondamentali. Sono state ristrette le competenze della Corte costituzionale, in particolare nella politica di bilancio. È stato imposto il potere del governo sulla Corte (attraverso la nomina e il pensionamento dei giudici). È stato cambiato il sistema elettorale, sovra-rappresentando le aree rurali (nazionaliste) rispetto a quelle cittadine (europeiste). È stata introdotta una legge sui media che ne ha ridotto l’indipendenza, così come denunciato dalla Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa. È stata minacciata la libertà accademica, introducendo una legge per chiudere un’importante università privata (la European Central University) perché finanziata dalla fondazione di George Soros (un miliardario ungherese considerato il Nemico n.1 del Paese). Non solamente i diritti dei migranti, dei rifugiati e di coloro che ricercano un asilo non sono riconosciuti come dovrebbero (secondo la denuncia dell’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu), ma anche i diritti delle donne oltre che delle minoranze interne sono tra i meno protetti d’Europa (secondo la denuncia della Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa).
Si tratta di un atto politico forte e coraggioso quello compiuto dal Parlamento europeo a difesa dei valori dell’Unione. L’articolo 2 del Trattato infatti recita: “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Questi principi e valori valgono non solo per l’Unione ma anche per gli Stati membri, i quali scelgono liberamente di adottarli quando aderiscono all’Unione. Si aderisce all’Unione infatti per libera scelta e in base ad una valutazione di opportunità. Per questo motivo, l’Unione non può essere concepita come una prigione, ma neppure come una mera, altalenante, consorteria di tipo commerciale. In base all’art. 49 del Trattato può essere membro dell’Unione “ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’articolo 2 e si impegni a promuoverli”.
Il voto dell’aula di Strasburgo costituisce un punto di non ritorno contro la spinta ungherese a far deragliare l’Unione minandone i valori fondanti, propri dello stato di diritto e della democrazia liberale. Con tale pronunciamento l’Europa ha battuto un colpo: l’Europa c’è, avrà pure mille difetti, avrà bisogno di un poderoso restyling, ma c’è.
Hanno votato a favore della mozione 115 eurodeputati, soprattutto del Nord Europa, 28 si sono astenuti e solo 57 hanno votato in difesa del leader ungherese. Tra questi ultimi, purtroppo, i deputati di Forza Italia che hanno fallito l’ennesimo test di europeismo e si sono accodati alla Lega. Ma nonostante lo strappo della delegazione berlusconiana e di quella di Fidesz (popolari ungheresi), il capogruppo cristiano-democratico Manfred Weber e la gran parte degli eurodeputati del Ppe hanno votato compatti a favore della mozione.
La conseguenza politica del voto è che l’ipotesi, dopo le prossime elezioni europee, di un accordo consociativo del Ppe con l’estrema destra populista per governare insieme l’Europa appare sempre più remota. Sarebbe, infatti, un’intesa sì pragmatica, ma cinica, con destre populiste tutte indistintamente anti-europee, cioè su posizioni diametralmente opposte a quelle storicamente sostenute dal Ppe.
Si rafforza, invece, la prospettiva che anche i popolari potrebbero allinearsi a liberali e socialisti nel tentativo di isolare l’estrema destra anti Ue. Le forze europeiste devono lavorare in questa direzione e il PD, in Italia, deve favorire crepe in Forza Italia tra coloro che ancora credono in una destra liberale.
Con la tenuta dell’insieme delle forze europeiste e il rifiuto da parte di queste dell’appeasement a forze populiste che vogliono distruggere quello che si è faticosamente costruito in questi sessant’anni si è aperta davvero la campagna elettorale per le europee. E dobbiamo condurla facendo un’opposizione dura al governo gialloverde.
Il voto del M5S a favore della mozione anti Orbán è sicuramente positivo e va valorizzato ma non può costituire una scusa per ipotizzare alleanze che erano e restano inaccettabili per altre differenze programmatiche incomponibili ed altrettanto importanti.
Anche sul percorso politico che si è avviato con la mozione votata dal Parlamento europeo, è tutto da verificare se l’atteggiamento dei Cinque Stelle resterà coerente o assisteremo alle solite giravolte. E l’opposizione deve incalzare la maggioranza per fare emergere le contraddizioni. I tempi per farlo prima delle elezioni europee ci sono.
Molti commentatori hanno fatto confusione tra misure preventive (quando c’è un chiaro rischio di una seria violazione dei valori dell’Ue) e meccanismo delle sanzioni (in presenza di una seria e continua violazione dei valori dell’Ue). In entrambi i casi la decisione finale spetta ai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio europeo, ma il quorum è diverso a seconda della situazione. Per quanto riguarda le misure preventive la decisione in seno al Consiglio richiede la maggioranza dei quattro quinti degli Stati membri, mentre in caso di violazione è necessaria una decisione all’unanimità dei capi di Stato e di governo. La procedura avviata dal Parlamento europeo nei confronti dell’Ungheria riguarda le misure preventive che possono essere decise da quattro quinti degli Stati membri. In questo caso, quindi, il voto dell’Italia è decisivo per il raggiungimento del quorum, dando per scontato il voto contrario della Polonia, anch’essa oggetto di una richiesta del Parlamento Europeo per rischio di violazione dei valori dell’Ue.
Il PD deve dunque incalzare il governo, anche presentando immediatamente una mozione parlamentare alla Camera e al Senato e costringendo così la maggioranza a pronunciarsi, perché nel Consiglio la posizione italiana sia conforme a quella espressa dal Parlamento europeo.
2 Responses to Il voto contro Orban e le sue conseguenze