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Un cittadino non mischia fede e politica

L'iniziativa di Raniero La Valle volta a costituire un gruppo di "Cattolici del NO" in occasione dell’imminente referendum costituzionale, appare del tutto contraddittoria rispetto alla vicenda intellettuale, religiosa, civile e politica delle Comunità cristiane di base che si richiamano al Concilio Vaticano II e, in particolare, alla riscoperta del valore delle chiese locali, di un cristianesimo che si incarna nella storia degli uomini, di un senso della cittadinanza come espressione dei principi di laicità e libertà religiosa. E rischia di minarne irrimediabilmente l'immagine che si fonda proprio sulla rigorosa coerenza dei suoi protagonisti con quei principi e quei valori

ranierolavalle

Un gruppo di persone che provengono da variegate esperienze del “dissenso cattolico” ha deciso di prendere una posizione per il NO nel prossimo referendum costituzionale non semplicemente in quanto cittadini ma in quanto cattolici, mischiando così fede e politica e ritenendo in tal modo di catturare maggiori consensi.

Si tratta perlopiù di esponenti delle Comunità cristiane di base: un movimento del tutto peculiare, nel panorama delle aggregazioni cattoliche, che si richiama al Concilio Vaticano II e, in particolare, alla riscoperta del valore delle chiese locali, quelle delle origini per intenderci, di un cristianesimo che si incarna nella storia degli uomini e di un senso della cittadinanza che si fonda sui principi di laicità e libertà religiosa. Tali Comunità hanno mantenuto in quasi cinquant’anni un collegamento tra loro senza mai considerarsi un modello di pratica ecclesiale e hanno scelto di mettere costantemente alla prova la loro “fede in Dio e fedeltà alla terra” senza mai darsi un progetto organizzativo. Vivono un’idea di chiesa ancorata alla lettura comunitaria della Bibbia per ispirare ad essa la propria iniziativa sui problemi concreti della società. Cercano, in sostanza, di costruire dal basso una chiesa che rispetti le scelte di ciascuna comunità, in una prospettiva di pluralismo teologico e istituzionale. Una chiesa povera dalla parte dei poveri praticata mediante i principi dell’autoconvocazione e della “porta aperta”, senza tuttavia negare all’istituzione ecclesiastica la sua funzione di garantire, nelle forme ritenute storicamente più idonee, la presenza cristiana nel mondo. Una chiesa priva di potere e dotata solo dei mezzi necessari per assolvere alla sua funzione di evangelizzazione. Con siffatto impegno di prossimità agli ultimi, le Comunità di base contribuiscono a definire scelte politiche funzionali all’interesse generale nella convinzione che il patrimonio ideale e culturale comune è scritto nella Costituzione e non in altro libro sacro e che la politica è la forma più alta della carità se vissuta con rigore morale e competenza e non per perseguire interessi di parte cattolica. Una bella e completa ricostruzione della storia delle Comunità cristiane di base si può trovare nel volume di Mario Campli e Marcello Vigli Coltivare speranza. Una chiesa altra per un altro mondo possibile (Ed. Tracce 2009).

Nessuno si sarebbe, dunque, mai aspettato proprio da loro un’iniziativa come quella assunta da Raniero La Valle in occasione dell’imminente referendum costituzionale, del tutto contraddittoria rispetto alla sua vicenda intellettuale, religiosa, politica e civile. E la ragione viene così spiegata nel documento che è stato diffuso: “I cristiani già altre volte, in momenti cruciali della storia della Repubblica, sono stati determinanti con le loro scelte nei referendum per un avanzamento della democrazia e della laicità e per tenere aperta la via di vere riforme. Oggi come cattolici ci sentiamo di nuovo chiamati a votare NO alle spinte restauratrici, e così ci saranno dei ‘Cattolici del NO’  in questo referendum”.

Orbene, l’unica volta che si sono raccolte adesioni per sostenere la posizione di “Cattolici del NO” in un referendum risale al 1974, in occasione del voto sull’abrogazione della legge relativa al divorzio: 88 intellettuali cattolici firmarono l’appello in difesa della legge. Dichiararono che lo facevano per salvaguardare i “valori di convivenza civile e di libertà religiosa, essenziali in una società pluralistica e democratica”.  Il 21 febbraio, il Consiglio permanente della Cei aveva emanato una Notificazione che affermava: “Il cristiano, come cittadino, ha il dovere di proporre e difendere il suo modello di famiglia”. Il che è tanto “più urgente quando i valori fondamentali della famiglia sono insidiati da una legge permissiva che, di fatto, giunge a favorire il coniuge colpevole e non tutela adeguatamente i diritti dei figli, degli innocenti, dei deboli”. Intorno a questa posizione antidivorzista erano coalizzati diversi ambienti cattolici protetti dal segretario democristiano Amintore Fanfani e, sottotraccia, anche da monsignor Giovanni Benelli, sostituto della Segreteria di Stato. I “Cattolici del NO” e, in particolare, Giovanni Franzoni, ex abate della Basilica Ostiense, contestarono le argomentazioni teologiche accampate dai vescovi e proclamarono il diritto di tutti, cattolici compresi, alla libertà di scelta nel referendum. Significativa una lettera di Carlo Carretto a La Stampa del 7 maggio, ripresa recentemente da Luigi Sandri: “(Nel referendum) è in gioco l’unità indissolubile del matrimonio o il rispetto per chi non ha la fede? Io in coscienza non ho dubbi in proposito. Nessuno di noi cristiani può mettere in dubbio le parole stesse di Gesù: ‘Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito’, ma queste parole non possono essere usate con una legge civile verso coloro che non credono alla risurrezione di Cristo e che appartengono ad una società laica”. Per i “Cattolici del NO” la difesa della legge sul divorzio consentiva una libera scelta per coloro che non consideravano il matrimonio un sacramento. A loro parere, il rispetto per le diverse concezioni della vita veniva prima di ogni altra considerazione di carattere dottrinario. Una posizione legittima e razionale che si collegava alla dichiarazione sulla libertà religiosa “Dignitatis humanae” varata nel 1965 dal Concilio Vaticano II: tentare di imporre il SÌ, vincolando moralmente le coscienze su di un’opinabile legge civile, era vissuto da quei credenti come un vulnus gravissimo a tale libertà. Nel 1981, quando si tenne il referendum sull’aborto, ci furono delle prese di posizione individuali da parte di Mario Gozzini e Giovanni Franzoni, ma non fu lanciato nessun appello di “Cattolici del NO”.

Dunque, l’unico precedente dell’iniziativa odierna assunta dalla pattuglia di “Cattolici del NO” al referendum costituzionale è l’appello per la difesa della legge sul divorzio, la cui motivazione di fondo era racchiusa nella tutela della libertà religiosa e del principio di laicità. Una tutela che non significava affatto rinuncia alle proprie convinzioni, ma esclusivamente rimozione di ogni pretesa ad imporre le proprie scelte agli altri.

È del tutto evidente che tra le due vicende non c’è alcun legame, trattandosi di materie e motivazioni diverse. E del resto il documento non ha l’ardire di connettere esplicitamente le due iniziative ma lascia intendere che un nesso ci sia, giocando sul fatto che, dopo quarantadue anni, siano in tanti a non ricordare più come andarono le cose o semplicemente a non saperlo perché non ancora nati.

Un ulteriore travisamento dei fatti va poi sventato: i “Cattolici del NO” sarebbero stati determinanti nell’esito del referendum sul divorzio. Qualche mese dopo la consultazione, il promotore dell’appello, Pietro Scoppola, con grande onestà intellettuale, ammise il contrario: essi si erano mossi immaginando che la loro scelta – la frattura del mondo cattolico – sarebbe stata determinante e, invece, “la società italiana si manifestava assai più laicizzata di quanto potessero immaginare sia i promotori del referendum sia i cattolici del NO”.

Anche per questo motivo, quell’esperienza non è stata più ripetuta. Ora, in vista del referendum costituzionale, nasce un raggruppamento di “Cattolici del NO” senza alcuna ragione plausibile e, addirittura, con la pretesa di essere determinanti nel risultato. Forse essi immaginano che un’eventuale affermazione dei NO possa provocare il voto politico anticipato e una nuova maggioranza parlamentare in cui essere determinanti e occupare posti di potere. Ma gli italiani, nel frattempo, si sono ulteriormente laicizzati e smaliziati da non lasciarsi più incantare da chi, per far politica, s’attarda a nascondersi dietro loghi e simboli religiosi. La cosa che maggiormente sorprende è che tale tentativo viene proprio da alcuni tra quelli che per tutta la vita quei loghi e quei simboli hanno fieramente combattuto in nome della laicità e della libertà religiosa. E ora non si rendono conto di intaccare in modo irrimediabile la reputazione di un’intera vicenda, come quella del dissenso cattolico e delle Comunità cristiane di base; una vicenda finora considerata con rispetto anche in ambienti non contigui proprio per la profonda coerenza ai valori originari che ha caratterizzato in questi decenni i suoi protagonisti.

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