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Roma siamo tutti noi, borghigiani del terzo millennio che, nella nuova economia del dono, reinventiamo la comunità pulendo le nostre strade
Un gruppo di Associazioni di Roma ha proposto ad Alessandro Gassman – che aveva lanciato l’appello ai romani per spazzare le strade – di progettare insieme una Rete di cittadini che liberamente intendano dedicare una porzione del loro tempo per rendere vivibile il proprio quartiere.
In realtà, si tratta di rivitalizzare un’antica consuetudine delle città e dei borghi medievali che regolavano, nei propri statuti, l’apporto dei cittadini e dei gruppi di residenti alla pulizia delle strade e delle piazze dei quartieri. Una tradizione civica gelosamente conservata per secoli che serviva a responsabilizzare gli individui nel concorrere al pubblico decoro. Essi imparavano così ad aiutarsi liberamente per le proprie necessità e a non aspettarsi tutto dalle pubbliche amministrazioni.
La straordinaria sensibilità di Pier Paolo Pasolini aveva già colto, in Ragazzi di vita, l’analogia tra il riutilizzo delle persone emarginate per alimentare attività di risulta e il riciclo dei rifiuti prodotti dalla società dei consumi. Un’embrionale economia dell’immondizia che non andrebbe dimenticata. Oggi la chiamiamo “raccolta differenziata”, mentre allora era la “cernita” di materiali di riuso che il centro di Roma scartava e le industrie farmaceutiche e cosmetiche richiedevano. Un’economia tenuta in piedi dai baraccati, a cui i netturbini cedevano ogni mattina parte dell’immondizia raccolta nelle vie del centro, per essere capata negli orti del suburbio. Un ritaglio produttivo autonomo concesso ai borgatari dalla città, la quale li aveva dapprima rifiutati e allontanati dalla vita del centro per poi richiamarli in ruoli economicamente prolifici nel momento in cui servivano.
Le vecchie borgate tendono ora a farsi borghi non più periferici. E, nell’economia civile, noi, nuovi borghigiani, ancora una volta ci ritagliamo un autonomo spazio nel rimuovere l’immondizia. Lo facciamo per il semplice gusto di renderci utili alle nostre comunità e coltivare così un senso di appartenenza ai territori in cui viviamo.